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Nisseno morto in carcere, direttrice e medico rinviati a giudizio

Responsabilità per la morte di un detenuto nel carcere di Augusta

Il verdetto del gip e le decisioni della procura

Non sarebbero esenti da colpe per la morte nel carcere di Augusta (nella foto) di un detenuto nisseno. Così ha deciso il gip, accogliendo la tesi della procura, che ha ritenuto che direttrice e medico della struttura carceraria, con le loro scelte, si siano macchiati di responsabilità per l’estremo gesto compiuto in cella da un recluso, il quarantenne nisseno Emanuele Puzzanghera. Era la sera del 14 maggio 2021.

Il rinvio a giudizio e gli accusati

Da qui il rinvio a giudizio disposto dal gup di Siracusa, Francesco Alligo, a carico della sessantaquattrenne siracusana Angela Lantieri, direttrice della casa di reclusione di Augusta e del medico generico trentunenne di Vittoria, Emanuela Maria Musto (assistiti dagli avvocati Michelangelo Mauceri, Massimo Vitale e Valerio Vancheri), che era di turno nello stesso carcere e che avrebbe seguito l’evoluzione della situazione poi sfociata in tragedia. A loro carico il pm Stefano Priolo ha ipotizzato i reati di istigazione al suicidio, poi rimodulato in mancata vigilanza e omicidio colposo. E per questo saranno processate a partire dal giugno del prossimo anno.

Le parti civili e le persone coinvolte

Nei loro confronti saranno parti civili la compagna, Catena Tortorici, le sorelle Maria Vanessa e Rosa Puzzanghera e il padre, Giuseppe Puzzanghera (assistiti dall’avvocato Ernesto Brivido).

Usciti dal dossier i nomi del dirigente aggiunto a capo degli agenti di polizia penitenziaria della stessa struttura carceraria, l’agente penitenziario che il giorno della tragedia si trovava in servizio e che ha scoperto il cadavere e la coordinatrice sanitaria.

Le circostanze dell’evento traumatico

È per un evento traumatico durante la sua detenzione che Puzzanghera avrebbe poi maturato l’idea di farla finita. E questo suo proposito, seppur con dietrofront e ripensamenti, lo avrebbe manifestato al medico ora finito in giudizio. Lo stesso sanitario che – secondo il gup che ha disposto l’apertura di un procedimento – dopo avere prescritto la sorveglianza a vista fino a visita psichiatrica, l’avrebbe revocata una quarantina di minuti dopo in seguito a un nuovo colloquio con lo stesso Puzzanghera, così da assumere «un comportamento negligente e gravemente imperito – ha scritto il giudice – in quanto si è sostituita alla figura dello psichiatra che avrebbe dovuto visitare il detenuto».

Le responsabilità della direttrice

Per quanto concerne la direttrice, secondo lo stesso gup, pur conoscendo bene le norme cautelari perché le avrebbe diramate quattro anni fa, così come avrebbe avuto contezza della condizione specifica di Puzzanghera, il cui rischio suicidario era stato segnalato anche dal provveditorato regionale «ha – secondo il giudice – illegittimamente e imprudentemente revocato la misura della sorveglianza a vista, senza attivare e attendere le decisioni dello staff multidisciplinare». Omissione che, secondo i consulenti tecnici, avrebbe evitato il luttuoso epilogo.

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