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Chiesa di Santa Maria della Pietà Palermo
Chiesa di Santa Maria della Pietà si leva dal 1658 nell’antico quartiere della Kalsa all’estremitá con la via Alloro. Fu fatta edificare da parte delle suore del Monastero omonimo che assegnarono l’esecuzione del fabbricato intero all’architetto fra Giacomo Amato, crocifero.
La realizzazione, e sopratutto l’ornamento, si prolungarono per tutto il XVIII sec. da parte di artisti di valore e con l’aiuto economico di molte donne aristocratiche rinchiuse nell’attiguo Monastero che a quel tempo era di clausura.
Il Chiesa di Santa Maria della Pietà, cosi grande da accogliere come minimo 80 suore professe e tante altre converse, includeva nel suo edificio pure il Palazzo Abatellis che fungeva da parlatorio, oggi sede della Galleria Regionale della Sicilia.
La Chiesa di Santa Maria della Pietà nasce, quindi, come cappella grande del monastero ed è ad una sola navata con alte grate alle pareti, 6 altari laterali e con l’alto coro, nel retro facciata, sostenuto da colonne in marmo di Billiemi.
Entrando in chiesa, oggi, si puo guardare la stupenda, immensa grata del coro in metallo che raffigura un sole nascente.
Tutto l’interno, ma soprattutto tra le grate, si snoda la grande decorazione serpottiana: tutti i Serpotta e i loro aiuti hanno lavorato in questa chiesa.
Il presbiterio, prima quadrato, è stato cambiato da Gian Maria Serpotta che aggiunse una non profonda abside, e contiene nella sua parte interna un raffinato altare tardo barocco e un tabernacolo in pietre dure di pregevolissima fattura.
Nelle pareti laterali due grandi quadroni del cavaliere Pietro dell’Aquila rappresentano “il ritorno del figliol prodigo” e “l’incontro tra Abramo e Melchisedek nella terra promessa“.
Pregevole, nella prima cappella a destra della Chiesa di Santa Maria della Pietà, la tavola di Vincenzo da Pavia che riproduce la “misericordia” ovvero il Cristo deceduto tra le braccia della madre straziata dal dolore, incorniciata da un preziosa cornice barocca. Nelle altre cappelle si ammirano quattro tele dei fratelli Manno ed un crocifisso ricco di patos su di una croce in tartaruga con decorazioni in argento.
Il sottocoro è stato impreziosito nel 1722 dagli affreschi del fiammingo Guglielmo Borremans che vi ha rappresentato scene dalla vita di santi domenicani.
Il soffitto della chiesa è opera del pittore Antonio Grano che lo dipinse nel 1708 e vi ha raffigurato “l’apoteosi di San Domenico“.
La facciata esterna, in marmo di Billiemi e tufo è stata disegnata dall’architetto can. Cirrincione, poi ripresa dall’Amato ed è divisa in due ordini di colonne e nicchie con santi domenicani. Nel centro della facciata un S. Domenico vittorioso si staglia sul “mondo” fasciato dai quindici misteri del rosario, ed è opera di G.Vitagliano.
La porta laterale alla chiesa in marmo di billiemi è arricchita da una “misericordia” di G. Vitagliano.