Denaro catturato: pm Russo apre al pentito.
Appello alla verità
«Ora che con la sua cattura è caduto l’alibi della paura, chi ha visto, chi ha sentito e soprattutto chi ha capito, non abbia remore, si faccia avanti, parli e racconti ai magistrati e alle forze di polizia quello che sa». È l’appello che a un anno dall’arresto del boss Matteo Messina Denaro lancia Massimo Russo, oggi magistrato presso la Procura dei minori di Palermo, ma per dieci anni sostituto procuratore della Dda di Palermo con delega alla mafia trapanese.
La rigenerazione del territorio
«La rigenerazione etica e sociale di questo territorio passa da una colossale operazione di verità alla quale nessuno può sottrarsi, per rischiarare le troppe zone d’ombra nelle quali il latitante ha potuto impunemente vivere, relazionarsi e coltivare i suoi interessi criminali».
A Campobello di Mazara il boss gravemente malato aveva trovato accoglienza e vi ha dimorato per diversi anni prima di essere catturato il 16 gennaio dell’anno scorso, dopo 30 anni di latitanza. «Lui sapeva certamente a chi rivolgersi – dice Russo – mentre non è affatto vero che l’intero paese sapesse, come qualcuno azzarda assai superficialmente criminalizzando le tante persone per bene, la maggior parte, che si aspettavano quantomeno maggiore efficienza da parte di chi ha il preciso dovere del controllo del territorio».
Il ruolo della famiglia Bonafede
Un ruolo fondamentale nella sua latitanza lo ha avuto la famiglia Bonafede. «E ciò non a caso – osserva Russo – perché la storia giudiziaria racconta che il capostipite Leonardo Bonafede, uomo d’onore e già ai vertici della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, era molto riconoscente a Francesco Messina Denaro che gli salvò la vita facendosi garante nei confronti di Totò Riina che aveva deliberato la morte di coloro che appartenevamo alla vecchia mafia durante l’ascesa dei corleonesi».
Ma il cerchio delle persone che hanno aiutato Matteo Messina Denaro è molto più ampio. «Ci sono stati i favoreggiatori e sono tanti, ma c’è chi, invece, sapeva perfettamente chi fosse ma non parlava, forse anche per paura – conclude Russo – adesso è finito il tempo dell’attesa, è l’ora della verità».
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