10 anni dopo, nessun colpevole per bomba ecologica
Assolti tutti gli imputati nell’inchiesta sulla discarica nel Parco Cassarà
Un’inchiesta che si conclude con l’assoluzione
Sono passati esattamente 10 anni da quando, dopo una forte pioggia, all’interno del Parco Cassarà – secondo per estensione solo alla Favorita con i suoi 28 ettari di verde tra via Basile, corso Pisani e via Altofonte – allora inaugurato da pochi mesi, spuntarono dal terreno diverse lastre di eternit. La punta di un iceberg che aveva poi portato alla scoperta di un’enorme discarica di rifiuti anche pericolosi sotto il terreno e al sequestro dell’intera area ad aprile del 2014. Scattò anche un’inchiesta giudiziaria che oggi si conclude con l’assoluzione di tutti gli imputati per falso ideologico e disastro ambientale.
La sentenza
Nello specifico sono stati scagionati Luigi Trovato e Francesco Savarino (direttori dei lavori), Giorgio Parrino, Michelangelo Morreale ed Eugenio Agnello (componenti della commissione di collaudo) e l’imprenditore Gianfranco Caccamo. Nel 2020 erano stati assolti tre imputati che avevano scelto l’abbreviato: l’architetto e dipendente del Comune Vincenzo Polizzi e gli imprenditori Filippo e Francesco Chiazzese. Furono invece prosciolti i dirigenti del settore Ambiente del Comune, Roberto Giaconia e Francesco Fiorino.
La situazione attuale
Il Parco Cassarà, appena inaugurato, era stato preso d’assalto dai palermitani, ma il sogno di avere un nuovo polmone verde si era infranto dopo pochi mesi. Con il ritrovamento di rifiuti pericolosi sotto il manto erboso, l’area divenne invece una bomba ecologica. Tuttora non bonificata, il parco è chiuso e la famiglia del vicequestore Ninni Cassarà, ucciso da Cosa nostra, ha addirittura chiesto di togliere il suo nome.
La riqualificazione non completa
La Procura, dopo la scoperta delle prime lastre di eternit, decise di aprire un’inchiesta e agli atti c’erano anche le dichiarazioni del pentito Stefano Lo Verso, che aveva raccontato come negli anni Ottanta quella zona fosse considerata addirittura “la discarica della città”. La riqualificazione avviata successivamente, dunque, non era stata compiuta quindi con tutti i crismi, visto che nel terreno vennero ritrovati oltre all’eternit, scarti industriali, copertoni, tubi di gomma, plastica e sabbie da verniciatura.
Conclusioni
Con la sentenza emessa oggi, si comprende che gli imputati non furono responsabili di quello scempio ambientale – evidente e per giunta noto storicamente, anche alla luce di quanto dichiarato anche dal collaboratore di giustizia – ma impunito.
– un’inchiesta giudiziaria
– erano stati assolti
– addirittura di togliere il suo nome
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