La storia di Maeggio: da feudo agricolo a dimora nobiliare
Un feudo dalle origini complesse
A metà del XVIII secolo, dopo un tortuoso percorso di vendite e riscatti tra le famiglie Alagona, Nava, Tristaino e Gayangos, Maeggio giunse nelle mani di Giovanbattista Bonanno, secondogenito del principe di Linguaglossa, che ne entrò in possesso quale marito di Saveria Landolina. Il feudo esteso 117 salme (quasi 400 ettari), comprendente i luoghi di “Cavicolli, S. Pietro a Buscica, del Giardino, dell’Acqua e della Casa di Caiazzo”, era coltivato ad oliveto, vigneto, pascolo e seminativo e, una volta frazionato, veniva generalmente concesso in gabella per quattro anni.
La consolidazione del patrimonio e l’importanza politica della famiglia
La seconda metà del ‘700 fu un momento molto favorevole per i Bonanno di Maeggio che consolidarono sempre più il loro patrimonio esercitando anche una significativa influenza sulla scena politica siracusana. Proprietari di un “loco nel territorio della Mottava”, del feudo Delia presso Ragusa e di quote della tonnara di Santa Panagia e delle saline di Carrozzieri, come segno dell’accresciuto prestigio sociale della famiglia commissionarono nel 1781, al famoso architetto Luciano Alì, il progetto di una sontuosa dimora a Maeggio.
La sontuosa dimora di Maeggio: un capolavoro architettonico
Un edificio solido e massiccio
L’architetto Alì, lontano dai modelli architettonici ricorrenti nelle masserie siciliane, progettò un edificio dall’aspetto solido e massiccio, avente una pianta di 32 x 22 mt.
Un’architettura elegante e funzionale
Le rigide linee architettoniche dell’edificio sembrano alleggerirsi solo nel prospetto principale dove il primo piano, arretrato rispetto l’asse della facciata, creava una graziosa balconata che si affacciava sulla campagna circostante. Il piano terra, dotato di ampi locali, oltre ad ospitare la rimessa delle carrozze, era destinato ad alloggio del personale di servizio e come magazzino delle derrate prodotte.
Il piano superiore, a cui si accedeva mediante un’ampia scala, che portava alla balconata posta sopra il portale d’ingresso, era invece destinato ad uso abitativo dei proprietari.
Una produzione agricola fiorente
Nel retro della villa, in un’area di circa 3.000 mq, si trovavano i locali destinati alla lavorazione dei prodotti coltivati nel fondo e un vasto edificio terrano, probabilmente costruito ex novo o ampliato nella seconda metà dell’800, adibito ad abitazione dei lavoranti.
La caduta e l’abbandono di Maeggio
La fine di un’epoca
Oggi della sontuosa villa di Maeggio, abbandonata ed in evidente stato di degrado, non resta che un vuoto simulacro di quella che fu una delle più floride aziende agricole del nostro territorio.
La dimora, da molti considerata una dei capolavori dell’architettura siciliana del Settecento, rischia di non resistere ancora per molto all’incuria del tempo e alla mano inclemente dell’uomo.
Il fotografo Angelo Magnano testimonia la bellezza decaduta
Foto di Angelo Magnano ©
angelomagnano@alice.it
ettura siciliana del Settecento
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