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Giovani e violenza: Aiello su rieducazione e severità

La devianza giovanile: le parole del giudice Nicola Aiello

La responsabilità delle famiglie

Il giudice del Tribunale per i minorenni di Palermo, Nicola Aiello, si confronta quotidianamente con la devianza giovanile che porta a reati violenti. Secondo Aiello, la società è cambiata e le famiglie sono spesso assenti nella vita dei giovani, un problema che richiede l’impegno non solo delle istituzioni, ma anche dei genitori stessi.

Una prospettiva umana

Passando dal Tribunale ordinario al Tribunale per i minorenni, Aiello ha ritrovato la dimensione umana del suo lavoro. Lontano dai numeri e dalle statistiche, si dedica a garantire che la pena abbia una funzione rieducativa, sforzandosi di incidere sulle famiglie per prevenire la devianza giovanile.

Il coinvolgimento delle scuole

Per contrastare fenomeni come il bullismo e la violenza sessuale tra i giovani, Aiello sottolinea l’importanza di coinvolgere attivamente le scuole in attività preventive. Spesso, i genitori non sono consapevoli dei reati che coinvolgono i propri figli, pertanto è essenziale educare anche loro affinché possano trasmettere ai propri figli i valori giusti.

Incremento dei reati giovanili

Le statistiche dell’ufficio della Procura minorile palermitana evidenziano un forte incremento dei reati, inclusi lesioni personali, risse e violenza sessuale, in cui sono coinvolti gruppi di giovani. Questo ha portato la magistratura a mettere in atto nuovi strumenti per contrastare il senso di impunità dilagante tra i giovani.

La rieducazione come obiettivo

Nonostante la necessità di essere severi di fronte a reati gravi, Aiello sottolinea l’importanza di tentare di aiutare i giovani colpevoli a prendere coscienza delle proprie azioni e a rieducarsi. La recente introduzione del decreto “Caivano” ha posto dei limiti all’applicazione della messa alla prova per i reati più gravi, garantendo giustizia per le vittime e un percorso di rieducazione per i giovani colpevoli.

Il rischio del narcisismo professionale

Infine, Aiello parla della sua scelta di cambiare ufficio, citando il rischio di essere intrappolato in una sorta di narcisismo professionale. Un buon magistrato, secondo Aiello, non dovrebbe far dipendere i propri provvedimenti dalla rilevanza mediatica, ma concentrarsi sul perseguire la giustizia in modo imparziale.

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Redazione

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