Dialoghi culturali ad Agrigento: intrecci mediterranei

Le Fabbriche: un nuovo spazio culturale ad Agrigento

“Come una delle città invisibili di Italo Calvino, Agrigento depone all’ombra certi suoi tesori. Li occulta alla vista e insieme li preserva; li fa dimenticare e poi se ne riappropria come fossero inviolati e nuovi. Così accade per le fabbriche dell’antico complesso edificato nel XIV secolo da Federico Chiaramonte” afferma Beniamino Biondi, direttore del nuovo spazio espositivo Le Fabbriche. Nuovo centro culturale, aspirante polo artistico dei nuovi linguaggi della contemporaneità, Le Fabbriche, sono state inaugurate lo scorso 7 dicembre. Esse riprendono quello spazio che fino al 2017 ha ospitato le ex Fabbriche Chiaramontane (FAM), area espositiva gestita dall’Associazione Amici della pittura Siciliana dell’Ottocento, fondata nel 2009.

Il ritorno delle ex Fabbriche grazie alla Fondazione Orestiadi

È così che, il complesso architettonico delle ex Fabbriche rivive ripresentandosi al pubblico grazie alla Fondazione Orestiadi di Gibellina, presieduta da Calogero Pumilia. Tramite una convenzione tra il Parco archeologico della Valle dei templi e la Fondazione Orestiadi rivive un luogo adibito a fungere da fulcro artistico e centro di produzione culturale. L’obiettivo del nuovo spazio agrigentino non è dunque una pura e semplice attività di esposizione culturale dell’arte contemporanea, ma fucina di idee artistiche e luogo ricettivo di ferventi stimoli coevi. Le Fabbriche tentano di proseguire lo scopo della Fondazione Orestiadi, che è da sempre, infatti, un centrale polo culturale operante nel settore delle arti contemporanee sul territorio siciliano, nazionale e internazionale. “La Fondazione” afferma Pumilia “dopo Palermo, arriva anche ad Agrigento. È un’iniziativa che ha il senso di un’offerta culturale alla città della provincia nel settore del contemporaneo.»

Trame Mediterranee: la mostra manifesto

Il nuovo spazio espositivo che si offre come un fervido avamposto culturale e artistico mira a riattivare l’interesse nei confronti della contemporaneità e dell’arte specie in vista di Agrigento Capitale della cultura 2025. Trame Mediterranee è la mostra manifesto con cui la Fondazione Orestiadi si presenta in città. Visitabile fino al 25 febbraio, l’esposizione è curata da Enzo Fiammetta, direttore del Museo delle Trame Mediterranee di Gibellina istituito nel 1996 e premiato da ICOM (International Council of Museums) nel 2011 per la miglior mediazione culturale.

La mostra Trame Mediterranee presenta un nucleo di opere provenienti dalla collezione permanente della Fondazione di Gibellina, nata nel 1992 da Ludovico Corrao, responsabile della rigenerazione, anche culturale, della città dopo il sisma del 1968. “La mostra che si inaugura è in un certo modo la presentazione della vita e della storia della Fondazione” afferma Enzo Fiammetta.

Attraverso culture e voci del Mediterraneo

In mostra l’arazzo realizzato da Nja Mahdaoui, ma numerosi sono i prisenti custoditi nella collezione permanente del Museo Civico di Gibellina, tra cui quelli di Pietro Consagra, Alighiero Boetti, Carla Accardi e Isabella Ducrot. Due teche di vetro contengono vasi in ceramica, una delle quali espone due lavori contemporanei della celebre pittrice astratta Carla Accardi, esponente del neoaliano e coofondatrice del gruppo Forma 1. L’altra teca presenta le ceramiche smaltate di Pietro Consagra, autore tra l’altro della mastodontica Porta del Belice.

Arte contemporanea come veicolo di messaggi universali

Lo spettatore è libero di attraversare le culture in mostra e carpirne i significati e le simbologie. Il Mediterraneo, teatro storico, e purtroppo attuale di conflitti, è il fil rouge dei lavori presentati. Ci si imbatte nelle opere di Alfonso Leto (Muezzin, 1990), Vito Bongiorno (Mare nostrum, 2020), Francesco Impellizzeri (Un popoie, 2004), Giusto Sucato (Scudo, 2000).

È un’esposizione significativa, specie in un momento storico come l’attuale, un Mediterraneo arena di tragiche migrazioni, violente contrapposizioni culturali e cruenti scontri politici e umani. La mostra, nel suo piccolo, mira a suggerire un ideale di convivenza pacifica, e lo fa con i colori brucianti di Mario Schifano in Blu scuro del 1984, tramite forme, immagini, cromie che rimandano ad un altro personale, ma collettivo.

Arte contemporanea e riflessione sociale

Il fulcro spaziale della mostra è rappresentato dall’installazione del gruppo romano Stalker e dell’artista pugliese De Luca: la Biblioteca araboo nel 1857.

Attorno alla suddetta installazione ruotano straordinari capolavori di artisti contemporanei: le opere di Lisa Seror, Khaled Ben Slimane, Meyra Yedidsion, degli algerini Hakim Abbaci, Amar Briki e Khoraichi. Si aggiungono le installazioni video di Mustafa Sabbagh http 502: bad gateway e Tierra sin Males dell’americana Susan Kleinberg che riflettono sul fenomeno attuale delle migrazioni.

La fuga, le migrazioni, la terra, i confini, tutte tematiche centrali che trovano spazio e ascolto ne Le Fabbriche, che sognano quel Mediterraneo unito oggetto artistico del lavoro di Ugo La Pietra nel 2007. Un’installazione, questa, che consta di un grande vaso di terracotta rovesciato e molteplici vasi più piccoli con su scritti i nomi dei paesi bagnati dal Mar Mediterraneo, un’opera perno dell’esposizione insieme alla Biblioteca siculoerraneo. È presente, inoltre, un bozzetto del manifesto eseguito da Mimmo Paladino per lo spettacolo realizzato al Cretto di Burri nel 1990 per La sposa di Messina, emblema del teatro, dell’arte come straordinaria modalità di sopravvivenza e di rigenerazione urbana e culturale. La scelta di Agrigento da parte della Fondazione Orestiadi come sede di un nuovo spazio culturale sembra un mirato incentivo a un risveglio artistico della città, ancorata allo straordinario, patrimonio culturale rappresentato dalla Valle dei Templi, ma restia all’intessere quei necessari scambi con i nuovi linguaggi dell’arte contemporanea. L’obiettivo della Fondazione è la rigenerazione urbana, culturale e artistica di Agrigento, non intesa come recupero, ma come necessità di aprirsi al contemporaneo, agli influssi brucianti dei nuovi linguaggi, alle nuove idee.

L’invito è quello di non rimanere indietro, alla contemplazione di un paesaggio architettonico, culturale e letterario immenso, quale quello in cui viviamo, ma immobile, fermo, sordo al grido dell’arte coeva e dei messaggi che essa deve continuare a trasmettere.

È dunque certamente necessario riconoscere la grandezza immane del patrimonio ereditato, preservarlo e valorizzarlo, ma è necessario un incentivo: quello di continuare a edificare, creare e sperimentare, dialogare per mezzo dei legami con l’arte e la cultura contemporanea, siciliana, nazionale e internazionale. Che sia un inizio per la contemporaneità ad Agrigento con la consapevolezza che l’arte è un vitale elemento, come scrive Fiammetta, “per la ricostruzione della città e di riedificazione dello spirito, luogo di riflessione e rappresentazione delle contraddizioni del nostro tempo, terreno su cui potersi confrontare fuori da ogni conflitto”.

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