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Catania, consultorio sgomberato senza soluzione. “Urgenza dopo stupro a Villa Bellini”

Il consultorio femminista “Mi cuerpo es mío” a Catania: una lotta per la restituzione dello spazio

Una situazione difficile

In una Catania ancora scossa per lo stupro di Villa Bellini, non c’è ancora né una soluzione, nè uno spazio alternativo per il consultorio femminista “Mi cuerpo es mío”. L’incontro di operatrici e attiviste di NonUnaDiMeno con l’amministrazione comunale si è concluso con un nulla di fatto, causa imprecisati garbugli burocratici da sbrogliare. Risultato, un ennesimo rinvio a fine mese per avere un quadro più chiaro su situazione e (eventuale) percorso di soluzione.

Una richiesta urgente

Lara Torrisi, del nodo locale di NonUnaDiMeno, spiega: “ma è proprio quello che non abbiamo. In città c’è urgenza di dare risposte alle donne in difficoltà, di lavorare per costruire una cultura diversa. Quanto successo a Villa Bellini lo dimostra in modo chiaro”.

La situazione attuale

Sabato 3 febbraio, una 13enne è stata violentata nel “giardino” del centro cittadino da due ragazzini di poco più grandi, mentre altri stavano a guardare. Ne sono seguite dichiarazioni sdegnate e commosse, ma soluzioni zero. A partire dalla sollecitata restituzione dello Studentato a chi lo aveva trasformato in un punto di riferimento per le donne vittime di violenza. Sgomberato in malo modo il 5 dicembre scorso, lo stabile rimane chiuso e inutilizzato.

La lotta per la restituzione

Attiviste e volontarie che lo animavano continuano a lavorare grazie alla solidarietà di altre associazioni che hanno messo a disposizione stanze e sedi, ma manca un punto di riferimento fisico, uno spazio sicuro, conosciuto da tutti, come era il loro consultorio. La richiesta di restituzione è stata protocollata dopo lo sgombero, ma ci è voluto più di un mese per arrivare a un primo incontro interlocutorio con il sindaco.

Una situazione incerta

Soluzioni a breve all’orizzonte non ne sono state prospettate. Venuta meno l’ipotesi di allocare lì alcuni uffici comunali, l’amministrazione si sarebbe detta disponibile a destinare i locali al consultorio, come ad associazioni con fini sociali. Servirà un bando, tempo per metterlo a punto, per consentire a tutti gli interessati di presentare eventuali progetti. Nella migliore delle ipotesi, almeno sei mesi.

La paura di perdere un punto di riferimento

La paura è anche che la natura di quel posto venga snaturata. Il consultorio era uno spazio libero, femminista, antifascista, un patrimonio che rischia di essere perso. Da Nudm era stato sollecitato un percorso di “legalizzazione’ simile a quello che sta interessando il centro sociale Askatasuna a Torino, che l’amministrazione intende trasformare in “bene comune” anche per tutelare e valorizzare le storiche attività che svolge in città e in quartiere.

– NonUnaDiMeno
– Lara Torrisi
– Enrico Trantino


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