Revocato il sequestro dei beni per un valore di circa 500 mila euro
La sezione misure di prevenzione del Tribunale ha revocato il sequestro dei beni per un valore di circa 500 mila euro che era stato disposto nei confronti di Benedetto Pipitone, 48 anni. Pipitone, difeso dall’avvocato Manuele Ciappi del foro di Prato e dall’avvocato Gaspare Genova, aveva visto il sequestro di due fabbricati a Carini, un appezzamento di terreno sempre a Carini e cinque rapporti bancari, su cui era stata individuata una somma complessiva di 150 mila euro. La quinta sezione misure di prevenzione della Corte di appello ha deciso di annullare il decreto, revocando quindi il sequestro dei beni.
Arrestato nell’operazione «Destino»
Pipitone, ritenuto uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini, era stato arrestato nell’operazione denominata «Destino». In primo grado aveva riportato una condanna di primo grado a 7 anni di reclusione, confermata dalla Corte d’appello, per estorsione aggravata in concorso, incendio, uccisione di animali, detenzione e porto illegale di arma da fuoco e favoreggiamento reale. Sentenza poi annullata parzialmente dalla Corte di Cassazione per quanto riguarda i reati di estorsione aggravata e di favoreggiamento reale.
La vicenda dell’incendio doloso e l’uccisione degli animali
L’attività d’indagine era iniziata la notte di capodanno del 2013, a seguito dell’incendio doloso di una stalla nelle campagne di Carini e dell’uccisione, mediante colpi di arma da fuoco, di due cavalli e di un suino. Gli investigatori, dopo mesi di lavoro, interrogatori e intercettazioni, erano riusciti ad individuare l’autore del gesto in Benedetto Pipitone e il mandante nel suocero boss Angelo Pipitone, che all’epoca dei fatti era detenuto in carcere per estorsione e associazione per delinquere di stampo mafioso.
La decisione della Corte
La Corte, sottolineando che le condotte di Benedetto Pipitone siano indicative di una pericolosità sociale da gennaio 2013 a luglio 2014, ha rilevato che non sussistono «indizi della sua appartenenza al sodalizio mafioso», né che i reati per cui è stato condannato «siano stati commessi nell’interesse di Cosa nostra» per cui i beni «acquisiti fuori da questo perimetro cronologici», non possono essere suscettibili della confisca preventiva.
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