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Bronte: assolta impresa, non dovrà restituire 630 mila euro

La lunga battaglia legale di un’impresa di Bronte

Dopo quasi venti anni di procedimenti amministrativi, tributari, contabili e penali, anche la Corte dei conti di Palermo ha assolto un’impresa di Bronte dall’accusa di false fatturazioni e dal dovere restituire allo Stato contributi per circa 630 mila euro. I giudici erariali, inoltre, hanno condannato il ministero delle Imprese e del Made in Italy, a pagare circa 9 mila euro di spese legali in favore della società sottoposta a giudizio.

Un inizio complicato

Per capire questa complessa e lunga vicenda, bisogna partire dall’inizio del Terzo millennio. Nel 2001, infatti, una «società di persone» della cittadina etnea presentava un progetto di espansione aziendale (legge 488/1992) – al ministero dell’Industria e del Commercio e dell’Artigianato (poi delle Attività produttive) – e l’anno successivo otteneva quasi un milione di euro, suddiviso in tre quote annuali.

Le accuse e le sentenze

Nel 2005, l’istituto di credito erogatore dei fondi statali ravvisava carenze nei documenti presentati dall’impresa, necessari a dimostrare l’effettivo utilizzo della prima rata. Gli esiti venivano comunicati al Ministero delle Attività produttive e seguiva una verifica fiscale, presso la società beneficiaria, a conclusione della quale veniva ipotizzato il reato di falsa fatturazione, al fine di percepire i predetti contributi pubblici.

Nel 2008, il subentrato ministero dello Sviluppo economico (oggi ministero delle Imprese e del Made in Italy) decretava la revoca e il recupero dei circa 330mila euro erogati a luglio 2002 (fra interessi e rivalutazione monetaria lievitati, a fine 2023, a circa 630 mila euro).

La battaglia legale

Già nel 2009, però, per la società arrivavano le prime pronunce giudiziarie favorevoli: il Tar etneo riteneva sussistenti «profili di possibile fondatezza» e sospendeva il decreto di revoca; la Commissione tributaria provinciale di Catania giudicava vere le due fatture contestate come false; il Giudice per l’udienza preliminare di Catania assolveva l’amministratore e rappresentante legale dal reato di truffa aggravata, iscritto a suo carico in un procedimento penale avviato nel 2006.

Sempre il socio-amministratore, tuttavia, veniva rinviato a giudizio per evasione fiscale, reato che nel 2012 il Tribunale etneo dichiarava prescritto; ma l’imprenditore rinunciava alla prescrizione e, l’anno seguente, otteneva dalla Corte di Appello di Catania una sentenza di assoluzione con formula piena «perché il fatto non sussiste».

Una vittoria a fatica

In questi giorni, intanto, anche la Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Siciliana ha assolto da ogni addebito i soci e il rappresentante legale dell’impresa di Bronte, perché «la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento che il fatto non sussiste», sia nel «giudizio civile o amministrativo» sia, pertanto, in quello per responsabilità erariale.

Su questa ennesima sentenza di assoluzione, il legale della società, l’avvocato Antonino Uccellatore di Bronte, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma sulla ventennale vicenda si è lasciato sfuggire un sofferto commento: «Provo amarezza, nel pensare ai sacrifici affrontati dei miei clienti e dalle loro famiglie, per portare avanti l’azienda e ottenere giustizia».

– falsa fatturazione
– contributi pubblici
– procedimenti giudiziari


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