Come funziona il cancro alla tiroide? La scoperta di un team Unipa

“I ricercatori, attraverso l’utilizzo di un modello di cellule staminali, hanno ricreato la gerarchia cellulare della ghiandola tiroidea e parallelamente, attraverso un sistema di editing genetico, hanno identificato una piccola sottopopolazione cellulare, che in seguito all’accumulo di mutazioni genetiche è in grado di generare neoformazioni riconducibili alle diversi forme tumorali, inclusi i carcinomi tiroidei indifferenziati più aggressivi. Questo modello costituisce un sistema eccellente per studiare l’trasformazione della malattia e per sperimentare l’efficacia di nuovi medicinali”. Lo dice il professore Giorgio Stassi del dipartimento di discipline chirurgiche oncologiche e stomatologiche dell’università di Palermo che col suo team ha fatto uno studio, scoprendo meccanismi che portano al tumore della tiroide, dal titolo “Recapitulatingthyroid cancer histotypes through engineering embryonic stem cells”, che è stato pubblicato sul giornale scientifica “Nature Communications”.
“Il modello – aggiunge Stassi – ha contribuito a definire nuovi marcatori predittivi per la risposta alle terapie convenzionali e, principalmente, hanno portato alla luce una potenziale strategia terapeutica per i carcinomi indifferenziati della tiroide contraddistinti da una elevata aggressività e da una sopravvivenza alla diagnosi di all’incirca sei mesi”. “La progettazione di ricerca svela l’origine genetica e cellulare dei tumori alla tiroide e apre le porte a nuove possibilità di terapia per i pazienti con malattia avanzata – spiega – Nell’attesa dei risultati delle sperimentazioni cliniche, questa scoperta rafforza l’opinione, sempre più diffusa, che lo studio dell’trasformazione tumorale rappresenti il futuro della ricerca sul cancro”.
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