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Ripresa attività aziende gruppo Milotta fra Alcamo e Palermo

Il ritorno alle attività per le aziende del gruppo Milotta

Le aziende del gruppo Milotta, finite al centro di una indagine della guardia di finanza, riprendono le loro attività. L’inchiesta, dieci giorni fa, aveva portato ai domiciliari l’imprenditore alcamese Gianfranco Milotta e il suo consulente Salvatore Città, di Bagheria. Il collegio difensivo dell’azienda, composto dall’avvocato Enzo Catanzaro e da alcuni tributaristi del foro di Palermo, hanno ottenuto l’annullamento dell’interdittiva per la Lecofer che ha riaperto i battenti.

Una vasta presenza di fatture emesse per operazioni inesistenti

L’inchiesta delle fiamme gialle avrebbe scoperto una vasta presenza di fatture emesse per operazioni inesistenti. Coinvolte aziende e imprenditori anche di Verona, Brescia e Pordenone e una lunga serie di società cosiddette cartiere, appositamente istituite per emettere fatture, dislocate in varie parti della Sicilia (pure ad Alcamo, Castellammare del Golfo, Partinico e Carini) e in altre regioni d’Italia.

Presunti responsabili della frode e i prestanome coinvolti

La mente della frode per gli inquirenti sarebbero stati proprio Milotta e Città. Tra gli illeciti scoperti per sfuggire ad eventuali indagini degli investigatori, la scelta di ingaggiare un idraulico, un uomo senza fissa dimora e un operaio metalmeccanico, ma solo sulla carta, come amministratori e rappresentanti legali di una ventina di società. Alcune con sede in Russia e Bielorussia.

Le conseguenze della vasta operazione

La vasta operazione, oltre alla Lecofer, azienda di commercio all’ingrosso di metalli ferrosi, che ha subìto un sequestro di oltre due milioni e mezzo di beni per la responsabilità amministrativa nel profitto dei reati di riciclaggio e uso di fatture false, ha riguardato anche la Lavorfer, azienda del Milotta Group che si occupa di fabbricazione di strutture e parti metalliche, con un sequestro di beni, per equivalente ai profitti illeciti, pari a 6.642.000 euro. La sede della Lavorfer, secondo le fiamme gialle e la procura, sarebbe stata trasferita a Minsk, in Bielorussia, ma soltanto fittiziamente.

– Indagine della guardia di finanza
– Fatture emesse per operazioni inesistenti
– Società cartiere e prestanome


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